L’attacco missilistico a Damasco condotto da Stati Uniti d’America, Gran Bretagna e Francia è passato in archivio, già dimenticato (almeno apparentemente) dai mass media nazionali, impegnati (per il momento) a seguire le consultazioni fra le coalizioni politiche dirette dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel tentativo di dare un Governo all’Italia. Cancellata (o quasi) anche la questione dell’uso di armi chimiche sulla popolazione inerme da parte di Assad, ignorata (a quanto si riscontra) anche la fine (?) del generale libico Khalifa Belqasim Haftar comandante delle forze armate che fanno capo al Parlamento di Tobruk, la cui morte si fa risalire al 14 aprile scorso, ma le cui “vere” modalità si ignorano. Argomenti che messi assieme forniscono un quadro nebuloso di quanto stia realmente accadendo nelle sponde a Sud del Mediterraneo, cioè a quattro passi da Casa nostra. Troppo impegnati i governanti la Sicilia (a fare cosa, non si comprende bene) per occuparsi (o preoccuparsi) di problematiche “internazionali” che vengono scaricate a livelli più alti (sempre per delega, opportunistica), dimenticando (coscientemente?) che la Sicilia (volente o nolente, direttamente o indirettamente) è impelagata fino alla radice dei capelli da anni avendo sul suo territorio installazioni militari di natura bellica straniere (quelle degli USA) in forma operativa “autonoma”.
Le rassicurazioni del premier (uscente) Paolo Gentiloni che non c’è stato uso delle basi italiani per l’attacco alla Siria probabilmente hanno rassicurato solo chi voleva essere “rassicurato” da una dichiarazione ufficiale, ma quanti conoscono (se pur in forma minima ed estremamente marginale) cosa rappresentano concretamente le installazioni a Stelle e Strisce di certo (ma possiamo anche essere in errore…) sono rimasti scettici e non convinti. Da Sigonella ad Augusta gli apparati di guerra statunitensi operano quotidianamente, anche se le “missioni” non sono note. Franco Iacch in un suo servizio del 13 aprile scorso scriveva: (…) Fin dal 2011, i droni Global Hawk decollano da Sigonella in operazioni Imagery Intelligence e Battlefield Airborne Communications Node. L’AGS di Sigonella è composto da due segmenti: quello aereo basato sulla piattaforma robotica Hale, High-Altitude Long-Endurance Unmanned Aircraft System, Globak Hawk RQ-4 Block 40 e quello a terra a cui è demandata sia la capacità di controllo della missione che l’analisi, distribuzione ed archiviazione dei dati. Sigonella ospita sia il MOS o Mission Operation Support che l’Air Vehicle Missions Command and Control (AVMC2), compreso l’intero apparato logistico. Il segmento aereo del programma AGS si basa sul drone RQ-4, in grado di volare ad altitudini massime di 60.000 piedi per più di 32 ore a velocità prossime ai 340 nodi, ben al di sopra dello spazio aereo occupato dal traffico commerciale. L’RQ-4 può operare a duemila miglia nautiche dalla sua base operativa principale. E’ ritenuta la migliore piattaforma robotica esistente per missioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione in grado di sorvegliare in un solo giorno centomila chilometri quadrati di terreno. Il radar ad apertura sintetica ad alta definizione MP-RTIP, è in grado di rilevare e tracciare ogni oggetto a terra e missili da crociera a bassa quota (…). Nella lotta antisommergibile nel Mediterraneo e nel Nord Atlantico, la US Navy utilizza i vettori con capacità Elint, Electronic signals intelligence, schierati in turnazione in quella che è definita Hub of the Med. Sigonella, in Sicilia, ospita permanentemente una forza di pattugliamento marittimo in rotazione semestrale per monitorare il movimento navale russo nel Mediterraneo (…). Questa estrapolazione del reportage di Franco Iacch per sottolineare una parte “irrisoria” di quel che è conosciuto della Naval Air Station, base autonoma di Sigonella.
Coinvolgimento dell’Italia nell’attacco alla Siria? Gianandrea Gaiani su Analisi Difesa scrive: (…) L’unica base che ha ricoperto un ruolo di supporto all’attacco alla Siria è quella di Sigonella. L’aeroporto siciliano ha visto il decollo degli aerei spia U-2 e dei droni a lungo raggio per la ricognizione strategica Global Hawk, che potrebbero aver sorvolato la Siria per raccogliere informazioni o individuare i bersagli ma non certo per sganciare ordigni. Anche i pattugliatori marittimi P-8 Poseidon armati con missili antinave e antisommergibile sono decollati dalla base siciliana per tenere d’occhio la quindicina di navi e sottomarini russi che hanno lasciato il porto siriano di Tartus nelle ore precedenti il blitz missilistico. Un’attività che non ha registrato incidenti scongiurando così il rischio potenziale di coinvolgimento dell’Italia nell’escalation della crisi (…).
A conti fatti è stato “scongiurato” in questa circostanza il rischio potenziale di coinvolgimento dell’Italia ma (volente o nolente, che lo si voglia ammettere oppure no, il risultato non cambia) il “vero” rischio per l’Italia e, soprattutto, per la Sicilia consiste nella presenza “stabile” delle forze armate straniere e dei loro apparati bellici al seguito.